Screening familiare
La maggioranza dei pazienti con Cardiomiopatia Ipertrofica ha nell’anamnesi familiare almeno un altro parente affetto, solitamente un genitore, un fratello, una sorella o un figlio. Quando a un individuo viene fatta diagnosi di Cardiomiopatia Ipertrofica, a tutti i familiari più stretti dovrebbe essere eseguito uno screening della malattia con un elettrocardiogramma ed un ecocardiogramma.
È importante ricordare che questa valutazione dei familiari è potenzialmente importante perché la Cardiomiopatia Ipertrofica può essere presente senza essere accompagnata da sintomi. Una valutazione non invasiva ambulatoriale include un’anamnesi personale e familiare, un esame obiettivo, un elettrocardiogramma e un ecocardiogramma.
L’esame diagnostico standard più importante per la diagnosi clinica di Cardiomiopatia Ipertrofica è l’ecocardiogramma bidimensionale (con flussimetria Doppler).
L’analisi del DNA o genotipizzazione (utilizzando un campione di 10 cc di sangue) sarebbe teoricamente lo strumento diagnostico più conclusivo (attraverso l’identificazione di una mutazione su un gene). Tuttavia, queste tecniche di laboratorio sono costose, laboriose, non sono disponibili di routine, e inoltre non danno la garanzia di una risposta positiva perché non tutti i geni che causano la cardiomiopatia ipertrofica sono ancora noti. L’analisi genetica è attualmente confinata ad un piccolo numero di laboratori di ricerca che lavorano su famiglie altamente selezionate per scopi quasi esclusivamente di ricerca. Quindi, il modo migliore di fare uno screening familiare per la Cardiomiopatia Ipertrofica viene eseguito oggi come è stato eseguito per molti anni – con l’ecocardiogramma e l’elettrocardiogramma, spesso eseguiti più volte nelle famiglie con Cardiomiopatia Ipertrofica.
Lo scopo dell’ecocardiografia, che è un esame non invasivo e indolore è di identificare quello che i medici definiscono il fenotipo o la chiara manifestazione clinica della Cardiomiopatia Ipertrofica, ovvero l’ispessimento della parete del ventricolo sinistro. È essenziale ricordare l’importante differenza che, mentre il gene mutato è presente fin dalla nascita, l’aumento dello spessore della parete di solito si sviluppa più tardi. Talvolta, la Cardiomiopatia Ipertrofica viene descritta come una ”malattia congenita” (cioè presente dalla nascita), ma in realtà è soltanto l’anomalia genetica che è presente fin dal concepimento. Questo, naturalmente, pone la domanda di quando la Cardiomiopatia Ipertrofica diviene una ”malattia” – alla nascita, quando il gene mutato è presente, o quando la parete del cuore diventa spessa, o quando compaiono i sintomi? Al momento, questo problema di definizione non è stato ancora risolto.
L’aumento dello spessore delle pareti del cuore non è generalmente presente prima dell’età di 10 anni ed è più probabile che venga identificato nell’adolescenza. Solitamente, la parete aumenta di spessore durante la pubertà, mentre il bambino ha un accelerato sviluppo e crescita corporea (tra i 12 e i 16 anni). Se in un membro di una famiglia con cardiomiopatia ipertrofica diviene evidente all’ecocardiogramma un aumento di spessore della parete ventricolare durante l’adolescenza, che non può essere spiegato in altro modo (quale, ad esempio, intensa attività atletica o altre malattie di cuore), si può ragionevolmente concludere che questa alterazione è dovuta alla presenza di un gene mutato che causa la Cardiomiopatia Ipertrofica. I cambiamenti dello spessore parietale associati alla crescita possono essere bruschi e marcati, e quindi l’aspetto del cuore può modificarsi completamente durante l’adolescenza, spesso trasformandosi da un cuore completamente normale ad uno molto ispessito. Gli esperti ritengono che questi cambiamenti nello spessore della parete, che spesso allarmano la famiglia (e anche alcuni medici), nondimeno rappresentino il normale aspetto della Cardiomiopatia Ipertrofica (determinato dallo specifico codice del DNA) attraverso il quale il cuore raggiunge la sua forma matura in questa malattia genetica. Quindi, la rapida crescita del cuore (ovvero, l’ispessimento della parete del ventricolo sinistro) che si osserva più frequentemente negli adolescenti, non rappresenta necessariamente un deterioramento clinico, un segno clinico allarmante o di imminente pericolo. Inoltre, non vi è evidenza che l’ipertrofia presente negli adulti continui ad aumentare ulteriormente con l’età. Quindi, la paura di molti pazienti che il loro cuore continui a ispessirsi durante la vita, fino ad arrivare a un evento catastrofico, è completamente infondata. Infatti, alcuni dati suggeriscono che lo spessore della parete può ridursi lievemente con l’avanzare dell’età nei soggetti adulti.
Sulla base dei dati disponibili sino ad alcuni anni fa, si riteneva che se l’ispessimento delle pareti del cuore non era presente sull’ecocardiogramma quando era stato raggiunto il completo sviluppo fisico (all’età di circa 17-19 anni), era molto improbabile che l’ipertrofia si sviluppasse successivamente. Studi recenti hanno dimostrato che questo non è sempre vero, e che membri di famiglie con mutazioni su alcuni geni possono sviluppare l’ipertrofia anche molto più avanti nella vita. Fino ad oggi, uno sviluppo dell’ipertrofia dopo i 30 anni è stato documentato con l’ecocardiogramma in un piccolo numero di individui portatori del difetto genetico. Quindi, attualmente, in membri di famiglie con cardiomiopatia ipertrofica che non hanno manifestazioni cliniche della malattia viene consigliato un controllo elettrocardiografico ed ecocardiografico ogni 5 anni.
Ovviamente, se in una famiglia è stato identificato in laboratorio il difetto genetico, allora tutte le incertezze menzionate sopra possono essere eliminate, dal momento che è relativamente facile in queste circostanze determinare quali membri siano affetti da quella specifica mutazione.
A che età sarebbe meglio sottoporre i bambini di una famiglia con Cardiomiopatia Ipertrofica ad un esame ecocardiografico?
Non è necessario effettuare un esame ecocardiografico prima dei 10-12 anni perché raramente l’esame risulta positivo prima di quest’età, anche se questi soggetti hanno una mutazione che causa la malattia; inoltre, il riconoscimento della malattia in quest’età non richiede alcun trattamento.
L’esecuzione di un ecocardiogramma è invece consigliabile anche nell’infanzia in famiglie selezionate in cui siano avvenute numerose morti premature dovute alla Cardiomiopatia Ipertrofica. Una identificazione precoce degli individui ad alto rischio può essere vantaggiosa dato che può permettere interventi di prevenzione della morte improvvisa. Un ecocardiogramma è anche consigliabile in familiari giovani che svolgono intensa attività atletica, dato che la cardiomiopatia ipertrofica è la più frequente causa di morte improvvisa durante attività sportiva nei giovani. Per ridurre questo rischio, la dimostrazione di una Cardiomiopatia Ipertrofica all’ecocardiogramma rappresenta un motivo per escludere questi individui da intensi allenamenti e competizioni. In generale, durante l’adolescenza, raccomandiamo esami ecocardiografici seriati ogni 18 mesi circa o fino a quando l’ecocardiogramma ”si trasforma” da normale in patologico.
Stranamente, l’elettrocardiogramma può essere anormale in bambini geneticamente affetti molto prima che l’ecocardiogramma si modifichi. Per questo motivo, l’elettrocardiogramma può essere un utile strumento di screening, anche se registra solo segnali elettrici di superficie e non fornisce un’immagine diretta del cuore (a differenza dell’ecocardiogramma). È da notare che alcuni membri adulti di famiglie con Cardiomiopatia Ipertrofica e una mutazione su particolari geni, possono non avere segni clinici della malattia (ovvero, un ecocardiogramma e un elettrocardiogramma normali, e assenza di sintomi). Tuttavia, questi soggetti possono trasmettere il gene responsabile della malattia alla generazione successiva. Questa circostanza potrebbe essere più frequente di quanto si pensasse sino a qualche anno fa.